Da "CINEMA PERSEFONE" di Marilena Renda. Versi scelti. Opera finalista all'edizione 2025 del Premio "Strega" Poesia

 

 

 

 

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Marilena Renda è nata a Erice nel 1976 e vive a Bologna, dove insegna inglese.

I suoi libri sono: Bassani, Giorgio. Un ebreo italiano (Gaffi 2010), Ruggine (dot.com press 2012), Arrenditi Dorothy (L’orma 2015), La sottrazione (Transeuropa 2015), Regali ai fantasmi (Mesogea 2017), Fate morgane (L’Arcolaio 2020) e Fuoco degli occhi (Aragno 2022). Con il poema Ruggine è stata finalista al Premio Delfini 2009 e al Premio Carducci 2013, mentre La sottrazione ha vinto il Premio Bologna in Lettere 2019. Fuoco degli occhi è stato finalista al Premio Fortini 2023 e al Premio Napoli 2023.

Cinema Persefone è uscito per Arcipelago itaca nel novembre del 2024.

 

 

 

 

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Da CINEMA PERSEFONE di Marilena Renda

(Arcipelago itaca 2024)

 

 

 

 

 

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Ade era bello da giovane

una specie di attore del cinema

era ricco, gli piaceva stare solo

amava i dirupi, le spiagge nere

le stagioni per l’impermeabile

un po’ femmina, territorio di passaggio

si mise a fare l’autostop

era importante deludere la madre

dormire tra i drogati di una città del nord

la politica gli amari la poesia

di questo e altro non ricorda nulla

la nebbia, sempre troppo sobrio

 

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è essenziale che io sia qui,

dice Persefone alla madre,

soprattutto

quando arrivano gli spaesati

non ho più una terra

lo ripetiamo ogni stagione

non dire non devi

le monete le storie i fogli

non tocca a te farlo

queste sono le mie ossa

di chi sono questi capelli?

su quest’isola

in questa stanza

sotto questo albero

dietro questa barca

li porto

da questa parte

su questo fuoco

da questa parte del futuro

nessuno, nemmeno Ade

sa quando finisce

*

 

l’inizio è come la fine

non toccarmi

un pensiero

un allarme

suonato dai nervi alla pelle.

la pelle è giovane,

la pelle è vecchia,

si fa ingannare

dai varchi

dalle parole che ruotano

nell’aria mossa da Ade

dagli specchi

che si muovono

 

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il silenzio e la luce si dividevano la piazza
sembrava di capire tutto, di essere interi
che felicità tutte quelle lacrime
tu, che lingua parli quando dici sì

 

*

 

va bene la precarietà ma hanno sempre dei soldi

durante le epidemie prosperano con Satispay

il segreto è non pensare che il bene sia bene,

pane al pane, male al male

non decidere niente, chi li capisce quelli

il signore dei mondi è sempre seduto sulla merda

e se non vai all’inferno l’estate non germoglia

 

*

 

non va neanche detto, il buio quanto è potente

nemmeno si guardano, uno non sa il nome dell’altro

nell’amore il buio è più potente di ogni altra cosa

detta le parole, dice: già te ne vuoi andare

non ho neanche cominciato ad appassire

 

*

 

la mia anima è con me

precipita nelle fauci del leone

nel sale nel buio

dalla scogliera

dal buio

 

è seduta sul mio petto

si muove mi ama

si siede sulla mia bocca

perché mi ama

 

cade latte dalle ferite sulla schiena

non sono stato io

 

ha una collana rossa al collo

non è un mio regalo

 

di tutti i regali che potrebbe farmi

staccarmi la testa è il più dolce

divinità di misericordia

a cui non ho fatto sacrifici

e che ora mi doni il mio sangue

 

*

 

guida sulla tangenziale, è l’alba, tardi

è incinta, ha le mutande bagnate,

non l’aspetta

da un lato e dall’altro nessuna città

divisa in due, il padre e il bambino

ci sono troppe linee invisibili

e poi macchie, rattoppi, ritardi

non sarò mai capace di spezzarmi

 

*

 

il cielo è pieno di stelle e tutte brillano

niente le ostacola, tante fanciulle

dal volto di Persefone stanotte

dormono appese ai rami degli olmi

forse è questa la sapienza, dice piano

per paura di ascoltare la sua voce

bamboline che portate il mio volto

non vi vedo ma non importa

ho la mano piena di spighe

non vi temo, non temo niente

non temo la moltiplicazione del mio volto

non temo la morte che porto

non temo le mie sorelle coi capelli bianchi

il sonno, la terra, la vendetta del sangue

sono io sempre, l’oscena, la stellata,

anche se sui rami brillano altre stelle:

acceso o spento, il mistero non si può dire

perché è niente, niente da vedere

niente da nascondere, niente da toccare