DA E SU “qohèlet rejected“ di Daniele Gaggianesi. Con brani dalla postfazione di Franca Nuti

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Daniele Gaggianesi, classe 1983, è nato e cresciuto a Corsico, alle porte di Milano. Impara il milanese dai nonni paterni, nonostante il loro divieto di parlarlo «per parì minga on paesan», per non sembrare volgare. Dopo aver frequentato il liceo scientifico, si diploma come attore alla scuola d’arte drammatica Paolo Grassi e si laurea in lettere moderne all’Università degli studi di Milano. Accanto al lavoro di attore, porta avanti un progetto di ricerca poetica in milanese, dove il dialetto viene usato per creare un effetto straniante rispetto alle tematiche della metropoli e della civiltà occidentale contemporanea. È grazie a questa lingua in via di estinzione che ha scoperto la propria vocazione poetica. Nel 2017 vince il premio “Arcipelago itaca”, indetto dalla casa editrice omonima, con cui pubblica la sua prima raccolta di poesie Quand finìssen i semafor - Quando finiscono i semafori, poi vincitrice del Premio “Tirinnanzi” 2019. «Sarà a causa della mia formazione teatrale, ma, quando scrivo qualcosa, non riesco a non immaginare le mie parole pronunciate da qualcuno che cammina in una stanza e parla a qualcun altro nascosto nel buio», ha scritto l’autore nella lettera di presentazione inviata per partecipare al Premio “Testori”. Seppur scritti in una forma non canonicamente teatrale, la maggioranza dei suoi testi hanno un forte impianto narrativo e spesso sembrano propriamente pensati per una lettura ad alta voce. Con l’intento di raggiungere persone poco abituate a comprare libri di poesia (e ancora meno di poesia dialettale) e per sperimentare differenti forme di fruizione poetica, interpreta dal vivo molte delle sue poesie, trasformandole in canzoni o scene teatrali. Nel mese di marzo 2020 è uscito, per Schena, collana “I libri del premio Giovanni Testori, Qohèlet rejected. L’autore sta lavorando alla versione teatrale di questo stesso lavoro.
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II.
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2005 nassi
2011 moueri 5
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son chì, da mòrt, a tentà de rinass
a ògni messagg, invio dòpo invio,
mòrt pussee viv de vialter da bass.
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perchè me regòrdi quand col mè zio 6
se ’ndava in discarica col furgon
a disfass del polistiròlo.. “addio!!”, XDD
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vosavi. “va’ che l’è minga carton!!”,
quèi de l’amsa 7 se incazzaven con lù
e ‘lora mì saltavi in del casson..
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fòrsi de lì sèmm vegnuu foeura pù,
sprofondaa in de l’isola ecològica,
“sangh de chì, ròbba elettrica de sù..”
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ridad, memòria, legria archeològica:
l’è on cassonètt voiaa in del sò voeui.
de lì denter èmm inventaa l’atòmica,
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hoo tiraa in pee i palazz de grattasoeuj,
i fognadur per dacquà i giardìn,
hoo compraa s’ciav, dònn, fioeu, coi ciapp a moeui
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ne la grassa, hoo tiraa in pee on fortìn
de vpn 8 per nudregà i palazz
del podè de infezion sciòlt in del vìn..
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2005 nassi.
2011 moeuri.
2021 però sont anmò chì.
(e èmm quasi vinciuu) 9 XDXDXDXD
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eppur, sòtta la luna coi sò giazz
de lus, i stèss para i pirla e i sapient,
la stringa che hoo cavaa foeura del mazz,
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el risultaa di mè sconquassament
e di struzzi che me sciàmpen la vida,
l’òpera pussee granda
l’è quèsta
(amìs 10, bon divertiment) XDXDXD
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8325 8337 8324 8326 8322
7225 7237 7228 7266 7424
6125 6137 6128 6155 6315
5025 5037 5028 5055 5016
4101 4102 4103 4104 8342 11
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gh’era ona vòlta, in d’on quèi bus de cuu
de l’univèrs, di ratt che hann desquattaa
de la conoscenza el covèrc perduu.
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domà voeui, famm de vent hann trovaa.
gh’eren dì che finivi in d’on quai sit,
in strusa in del web, mèzz indormentaa,
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che saltaven sù pop up coi reclamm
de supermercaa polacch, algerìn,
de detersiv de la svezia coi mamm
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sorrident, banch cines e tunisìnn.
gent, ’vii mai veduu la reclamm del mac
in argentina? ve vègn nò on filìn
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de trà sù? ve ciappà nò on attacch
de schivi mesturaa con tenerèzza
come se el segrètt del mond l’ha faa tracch?
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scur l’è el sfond de la chan 12. ’sta debolèzza
d’on attim, anca lee: fiaa de nient.
stacchi.
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5 - Era abbastanza comune che gli hikikomori vedessero l’origine della loro condizione esistenziale in un evento traumatico nell’infanzia. Tuttavia, nella vita di suo figlio, nato nel 2005, non risulta sia successo qualcosa di particolarmente negativo nel 2011. Il padre se ne sarebbe andato di casa un anno dopo, nel 2012 (se le testimonianze sono corrette) e suo figlio si sarebbe rinchiuso in camera sua otto anni dopo, nel 2020.
6 - Dovrebbe star parlando del marito di sua sorella, proprietario per anni di un negozio di elettrodomestici a Milano nel quartiere Stadera.
7 - Azienda Milanese Servizi Ambientali: l’azienda partecipata dal Comune di Milano, che ai tempi gestiva lo smaltimento dei rifiuti.
8 - Virtual Private Network: sono usate ancora oggi, si tratta di reti private che permettono di navigare nel web senza essere visibili e rintracciabili.
9 - Questo verso tra parentesi è stato riconosciuto come un riferimento al piano criminale. È stato utile per datare la pianificazione del fatto. La mia sensazione è che nessuno, nella rete, sarebbe stato così ingenuo da lasciare un indizio del genere, se non per sviare qualcun’altro.
10 - Questi “amici”, sono gli incredibilmente numerosi follower che commentavano, citavano e scimmiottavano i messaggi del nostro Qohelet e ne seguivano i destini.Le imageboard erano luoghi in cui le lingue venivano costantemente violentate da contrazioni, emoticon, omissioni o eccessi di punteggiatura, dal cosiddetto “shitposting”. Penso che comprenderà gli sforzi fatti nel mettere ordine tra tutto questo. Ma sfaterò un mito: la maggioranza dei linguisti non si è mai fatta un cruccio di errori e varianti. Gli idiomi si evolvono, soprattutto attraverso gli errori di chi non ha tempo da dedicare al “parlar bene”. Non esiste buono o cattivo nei mutamenti linguistici: accadono, fino al punto che nuove lingue vengono codificate per sostituire le precedenti. Migliori? Peggiori? Le vecchie lingue vengono ancora studiate per qualche tempo, prima di venire anch’esse dimenticate. Alcune, ancora più semplicemente, muoiono nel silenzio degli ospizi, senza che nessuno se ne sia accorto. E talvolta, caso più unico che raro, risorgono.
11 - È un algoritmo elementare da riconoscere per chi è abituato ad aver a che fare coi numeri: consideriamo le 5 righe come separate; se sommiamo la prima cifra della Prima riga (+8), sottraiamo la seconda (-3), moltiplichiamo il risultato per la terza (x2) e infine dividiamo per la quarta (÷5), procedendo così fino alla fine di ogni riga, otterremo un numero per ciascuna riga (8, 5, 2, 5, 10); se ad ogni lettera dell’alfabeto italiano facciamo corrispondere in ordine crescente un numero a partire da A:1, B:2, C:3, etc. avremo 8:H, 5:E, 2:B, 5:L, 10:L, il solito HEBEL.
12 - Le “chan” sono le “catene” di messaggi nelle imageboard.
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II.2005 nasco
2011 muoio
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sono qui, da morto, a tentare di rinascere
ad ogni messaggio, invio dopo invio,
morto più vivo di voi là in basso.
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perché mi ricordo quando con mio zio
si andava in discarica col furgone
a disfarsi del polistirolo.. “addio!!”, XDD
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gridavo. “guarda che non è mica cartone!!”,
quelli dell’amsa si incazzavano con lui
e allora io saltavo nel cassone..
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forse da lì non siamo più venuti fuori,
sprofondati nell’isola ecologica,
“sangue di qui, roba elettrica di su..”
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risate, memoria, allegria archeologica:
è un cassonetto svuotato nel suo vuoto.
da lì dentro abbiamo inventato l’atomica,
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ho costruito i palazzi di gratosoglio,
le fognature per innaffiare i giardini,
ho comprato schiavi, donne, bambini, con le chiappe a mollo
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nell’abbondanza, ho tirato su un fortino
di vpn per nutrire i palazzi
del potere di infezioni sciolte nel vino..
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2005 nasco.
2011 muoio.
2021 però sono ancora qui.
(e abbiamo quasi vinto) XDXDXDXD
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eppure, sotto la luna coi suoi ghiacci
di luce, gli stessi per i pirla e per i sapienti,
la stringa che ho tirato fuori dal mazzo,
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il risultato dei miei sconquassamenti
e degli strazi che mi agguantano la vita,
l’opera più grande
è questa
(amici, buon divertimento) XDXDXD
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8325 8337 8324 8326 8322
7225 7237 7228 7266 7424
6125 6137 6128 6155 6315
5025 5037 5028 5055 5016
4101 4102 4103 4104 8342
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c’era una volta, in qualche buco di culo
dell’universo, dei ratti che hanno sollevato
della conoscenza il coperchio perduto.
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solo vuoto, fame di vento hanno trovato.
c’erano giorni che finivo su qualche sito,
a zonzo nel web, mezzo addormentato,
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che saltavano su pop up con pubblicità
di supermercati polacchi, algerini,
di detersivi della Svezia con le mamme
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sorridenti, banche cinesi e tunisine.
gente, avete mai visto la pubblicità del mac
in argentina? non vi viene un filino
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da vomitare? non vi prende un attacco
di schifo mischiato con tenerezza
come se il segreto del mondo ha fatto trac?
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scuro è lo sfondo della chan. questa debolezza
di un attimo, anche lei: alito di niente.
stacco.
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[…]

Come è noto il Qohèlet è composto da dodici capitoli, che contengono meditazioni sapienziali sulla vita in cui viene esposto in forma dialettica un contraddittorio tra il bene e il male. Tra pessimismo e accettazione, la riflessione ruota intorno a due interrogativi, ovvero a cosa serve fare il bene e a cosa serve fare il male. Tutto si conforma a Vanitas vanitatum, se la morte è l’unica conclusione della vita.

Gaggianesi ne riprende senso e disegno con varianti significative (...) in un andamento che a mio avviso va verso la poesia ma anche verso il teatro.

Il personaggio di Qohèlet, prende voce in un contesto tutto contemporaneo: quello dell’universo asfittico della stanza in cui un adolescente si è rinchiuso per comunicare solo via web con i complici – suoi unici interlocutori – un efferato crimine, mai nominato e sempre incombente. (...) Così si intuisce dalla lettera alla madre all’inizio del libro, scritta da un linguista innominato da Milano, il 30 ottobre del 2042. Questo passaggio nel futuro dà un giro di volta alla storia e forse ne custodisce il segreto, quel senso di inafferrabilità, mutuato dal testo madre, che il lavoro di Gaggianesi trasmette in maniera impressionante a chi legge e ascolta. (...)

Forte è il contrasto tra il dialetto milanese, che rievoca nel lettore i toni domestici degli ambienti di Delio Tessa o di Franco Loi, che sanno aprire il dialetto alle contaminazioni possibili, la visione pessimistica di fondo, e gli acronimi del gergo informatico, attraverso il quale si esprimono quanti si autorecludono, avendo scelto di vivere nel web piuttosto che nel mondo. E allora il mondo del web diviene metafora di guasti del contemporaneo: la spersonalizzazione, l’isolamento, la perdita di identità. Ciò che resta è il dolore e la rabbia, il sentimento di un Dio lontano, i perché senza risposta, la mancanza di senso: entro questa disposizione si crea un ponte di smarrimento tra i versi del Qohèlet, l’umano cammino e il tempo di una adolescenza perduta.

[…]

Dalla Postfazione di Franca Nuti