INEDITI. Da "SOMMATORIA" di Danilo Mandolini

 

 

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Danilo Mandolini è nato ad Osimo (AN), dove vive, nel 1965.

Ha pubblicato le seguenti raccolte di versi: Diario di bagagli e di parole (1993 - Edizione privata); Una misura incolmabile (1995 - Edizioni del Leone, Spinea); l'anima del ghiaccio (1997 - L'aliante, Osimo); Sul viso umano (2001 - Edizioni l'Obliquo, Brescia); La distanza da compiere (2004 - Edizioni l'Obliquo, Brescia); Radici e rami (2007 - Edizioni l'Obliquo, Brescia); A ritroso - Versi e prose (2010 - 1985) (autoantologia - 2013 - Edizioni l'Obliquo, Brescia); Anamorfiche - Con nove immagini fotografiche dell'autore (2018 - Arcipelago itaca Edizioni, Osimo).

La sua opera in versi, sia edita che inedita, ha ottenuto riconoscimenti in Premi letterari di rilevanza nazionale. Sue poesie e suoi racconti brevi sono inoltre stati pubblicati su varie riviste e sui principali lit-blog italiani. Suoi versi sono stati tradotti in spagnolo.

Guido Garufi ha incluso un'ampia selezione di suoi versi, introducendola con un saggio critico, nell'antologia La poesia delle Marche. Il novecento e oltre (2021 - affinità elettive, Ancona).

È il fondatore e titolare di Arcipelago itaca Edizioni che dal 2015 si occupa di poesia e critica della poesia contemporanea.

 

 

 

 

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Da SOMMATORIA (lavoro inedito) di Danilo Mandolini

 

 

 

 

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Ascolto il mormorio

che le palpebre fanno quando,

nella prima crepa della penombra,

si schiudono al nuovo giorno.

 

Sembra come di avvertire

il cigolio ritmato

del mondo;

del mondo

che senza sosta

muovendo

rotea su stesso.

 

*

 

Il vento

è sempre la premessa

di uno scarto, di un salto

nella direzione del vuoto.

 

Nel vuoto

s’accende ogni luce,

nel vuoto

ogni luce è anche buio.

 

*

 

Appena prima…

Appena prima

capita di sorprendere la quiete

mentre resiste nel frastuono.

 

Sempre precisa

è la distanza

tra due sguardi che s’ignorano,

che di loro non sanno –

          che insieme non sanno –,

cosa avverrà

appena dopo.

 

*

 

Qui, tutt’intorno,

tutto respira.

 

Laggiù, dove il chiarore persiste,

lentamente una discesa

scivola, perde prospettiva,

smarrisce senso se poi

la si risale.

 

*

 

Nude ristagnano parole

sopravvissute ad un sogno.

 

«Si attende sempre un tempo»

disse lo sconosciuto

«un tempo

che spesso si fa caso,

un tempo che è nella natura

delle cose e degli

umani,

un tempo che vuole parlarci

e suggerirci

che verrà domani o forse

nel varco di un’occasione

perduta,

che sarà come

          esattamente come –

una qualsiasi circostanza,

che sarà o non sarà,

che presto

(prossimo o passato

essere)

potrà non apparire

più».

 

*

 

Il blu è l’unico colore

che i morti riconoscono.

 

Solo i morti sanno

guardare attraverso

lo spazio-tempo

del cielo.

 

*

 

È necessario un futuro,

un’età nuova per quei luoghi

che restituiscono scorci

e memorie e bagliori di case.

 

I rumori riempiono gli spazi,

insieme si spingono oltre –

          decisi –

fin dentro tutte le architetture

del dire.

 

*

 

Si abita la nebbia,

la sua flebile voce nel mattino.

 

Un’eco sopraggiunge,

una lontananza accade,

una vertigine si spegne

cadendo sulle mani.

 

*

 

Gli oggetti vorrebbero vivere

oltre il loro stesso

manifestarsi.

Le cose soffrono la medesima

sorte antica del silenzio;

le cose esistono solo

se di loro ci si accorge.

 

*

 

Il sole dell’alba cancella

i lampi della notte.

Tutt’attorno l’attesa

si fa spazio discosto,

spazio privo di peso

che principia in una corsa,

spazio impalpabile,

spazio residuo

come di una morte

prima d’aver vissuto

 

(spazio in questo novenario)

 

(spazio in questo endecasillabo)

 

*

 

lo sguardo si fa specchio, specchio

e folla, folla senza voce,

folla che nello specchio cerca

la vita prima della vita.