Inediti di Ezio Settembri

 

 

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Ezio Settembri (Macerata, 1981) ha studiato Lettere Moderne a Macerata, laureandosi nel 2007 con una tesi sul pittore fiorentino Ottone Rosai. Dal 2009 lavora come docente nella scuola secondaria. Ha pubblicato poesie e studi sulle arti figurative su varie riviste, tra cui “Il falco letterario”, “Infinito letterario”, “Poeti e Poesia”; sue poesie sono apparse nelle riviste onlineAtelier”,Versipelle”,L’Astero rosso”,La morte per acqua”. Un suo poemetto è presente nell’antologia del Premio Terra di Virgilio 2016. Suoi studi brevi su poeti contemporanei sono apparsi sulla rivista “Menabò”. Dal 2019 fa parte della redazione della rivista online “Nuova Ciminiera”, sulla quale sono apparse delle brevi ricognizioni sulla poesia di Sereni, Benzoni, Pasolini, Scarabicchi, Davoli. Nel 2021 è uscito il suo primo saggio, Il mito ritrovato - La poesia di Umberto Piersanti (ed. Industria e Letteratura). Attualmente vive e insegna in provincia di Mantova.

 

 

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a mio padre

 
Chiara mattina di novembre
che uno spietato brivido percorre
fra le macchine sull’acciottolato,
ai tavoli del bar, nel vociare al mercato…
Interito sui miei passi
il ricordo incide, rincasando,
la tua voce piena:”Custodisciti”.
Dal mio mucchio di faccende,
carte e sigarette, agogno la terra
del nostro dolce mare di colli.
Con le sue zolle fraterne
tu copriti bene.
 
 
 

Babbo
 
Non facevi che ripetere:
“Le fregature bisogna
prevederle in anticipo”,
con il presunto
tuo fiuto infallibile.
Forse era quello a scovare
ogni minima incrinatura
al rumore del motore.
E chissà perché
non capivi mai
la mia ironia,
sul naso adunco,
il vestito ingessato,
piccole storie
su principi e re
intrise di rispetto.
Stavo per chiamarti, stamattina,
al primo sbuffo
del motore ingolfato.
Ma il cellulare nuovo
non contiene “babbo”
come quello appoggiato
sullo scaffale.
Custodisco ancora
il tuo numero,
lo conservo
per l’inverno che viene.

 

 

Incubo
 
Nella casa delle vacanze
sorgerà una base militare.
Le ombre che scorrono
orizzontali sui campi
sono dei camion, dromedari
che attraverseranno
un deserto di asfalto.
Da troppo tempo
la tua voce rotta, babbo,
non ci raggiunge più,
mentre guardiamo morire
le tue rose
sotto il filo spinato.

 

*

 

Nella casa fredda
dove trascorrerò qualche ora
hanno rimosso anche i segni
dei quadri che erano appesi.
Hanno staccato le foto,
ripulito i muri
dei pezzetti di scotch
appiccicato da anni.
A quanto caro sangue
quella vernice scrostata.
Quante immagini premevano
a quelle pareti.

 

 

Una resa
 
Non saprei che altro cedere
a quelle mani che si tendono
dallo spioncino dell’aula
che scompare, salutando…

 

 

Guardando “Les choristes
 
                                  ai miei alunni
 
Nessuno violi
quei pezzetti di luce
annidati nello sguardo,
quella fetta di terra
salvata dai ragazzini.
Nessuno poteva concepire
un silenzio così perfetto.

 

 

Notte di febbraio
 
A quest'ora bombardano, a Kiev.
Nel silenzio dei sottopassaggi
ci si scambiano sigarette,
tè caldo, un po' di fortuna,
accucciati, addossati
ai graffiti della metro.
Fuori son passate
sui ragazzi che sgattaiolavano
le fortezze volanti,
l'aria caduta a pezzi.
Siamo tutti sospesi, questa notte,
arresi al notiziario
della solita guerra
girata altrove.

 

 

Gratitudine
 
Per il dono del vuoto
e la noia tribolata
del lavoro,
per tutti i piccoli fastidi
che mi difendono
dalle comodità.
Per la memoria dei miei cari,
ogni giorno più vicini e più lontani,
per l'infinito sapere
del respiro e delle viscere,
per l'invidia
e il castigo del limite.
Per la luce alta sopra di me,
così carica e innocente.
 
 

 
Ai miei alunni

 
A stento trattengo un sorriso
scorgendo il fumo
che vi esce dalla testa.
L'inverno più crudo
della nostra storia
è trascorso stretti
al respiro,
attraverso fantasmi
di corpi senza volto.
Un dolore che non si vede
ci percorre inseguendo
un riflesso di luce.


 

*

 

Capita di scriverne pure
di nascosto, aprendosi
uno spiraglio improvviso.
Ma se qualcuno mi chiedesse
il motivo, non mi crederebbe.

 

 

Non occorre legno pregiato,
pulito, per la zattera
che sto costruendo.
Bastano tronchi robusti,
grezzi, in numero sufficiente
a contenervi tutti.
Sarà breve il nostro soggiorno
sulla palude, ma rischioso.
Ne approfitterò per scordarmi
il cellulare e la prigione d’oro
evasa un giorno insieme a voi.

 

*

 

Dalla terraferma
mi arriva sul cellulare
lo spettacolo della morte,
un povero cristo
precipitato in un pozzo.
Nessun avanzo di pietà
ad ornamento del buio.
Lo rimuovo con cura
dalla memoria
dell'apparecchio
e riprendo con voi
la navigazione.