Su e da "DIARIO DI UN RITROVAMENTO - Divagazioni su alcune poesie inedite di Luigi Di Ruscio e il Vicolo Borgia" di Luana Trapè. Commento di Luigi Cannillo

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Luigi Di Ruscio nasce a Fermo il 27 gennaio del 1930. Emigra dalla sua città natale nel 1957, dopo l’esordio in versi, nel 1953, con Non possiamo abituarci a morire, presentato da Franco Fortini.
Vive ad Oslo, dove per trentasette anni è operaio metallurgico. In Norvegia si sposa e ha quattro figli.
Dopo il debutto pubblica: Le streghe s’arrotano le dentiere, con la prefazione di Salvatore Quasimodo, Marotta 1966; Apprendistati, Bagaloni 1978; Istruzioni per l’uso della repressione, con presentazione di Giancarlo Majorino, Savelli 1980; 
Epigramma, Valore d’uso 1982; Palmiro, con postfazione di Antonio Porta, il lavoro editoriale 1986 poi Baldini & Castoldi 1996; Enunciati, presentazione di Eugenio De Signoribus, Stamperia dell’Arancio 1993; Firmum, con presen-tazione di Massimo Raffaeli, peQuod 1999; L’ultima raccolta, con prefazione di Francesco Leonetti, Manni 2002; Epigrafi, Grafiche Fioroni 2003; Le mitologie di Mary, con postfazione di Mary B. Tolusso, Lieto-Colle 2004; Poesie operaie, prefazione di Angelo Ferracuti e postfazione di Massimo Raffaeli, EDIESSE 2007; L’Allucinazione, Cattedrale 2007; L’Iddio ridente, prefazione di Stefano Verdino, Zona 2008; Cristi polverizzati, presentazione di Andrea Cortellessa, con-tributi di Angelo Ferracuti e Emanuele Zinato, Le Lettere 2009; La neve nera di Oslo, prefazione di Angelo Ferracuti, EDIESSE 2010.
Si spegne ad Oslo il 23 febbraio del 2011.
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Luana Trapè vive a Fermo, nelle Marche.
Docente di Letteratura e Storia. Narratrice e studiosa, ha scritto e tenuto con-ferenze su: Carlo Crivelli, Luigi Di Ruscio, Mario Dondero, Osvaldo Licini, Joyce Lussu, Wislawa Szymborska; Il sacro e il sublime nell’arte. Come artista, ha esposto in varie mostre in Italia.
In narrativa ha pubblicato: Il cuore è servito, racconti e disegni, prefazione di Elio Grazioli, Livi Editore, 1999; Da bambine, racconti, Greco & Greco, 2006; Quel giorno fatidico (con Mario Dondero), Affinità Elettive, 2007; Il cappotto bianco, PeQuod, 2008; Delia   B., Anpi Fermo, 2010.
Con Joyce Lussu ha scritto: Sulla civetteria, Voland, 1998; Elogio dell’Utopia, Andrea Livi, 2016.
Nel 1994 il suo romanzo Never more, Jugoslavia è stato selezionato al Premio Calvino.
Nel 2003 ha curato il volume Il volto che muta. Viaggio attorno all’ex manicomio di Fermo, Livi Editore.
È autrice del saggio Licini, Leopardi e il paesaggio sublime (Edizioni Ephemeria, 2019), di scritti vari pubblicati in rivista ed in opere collettive e di documentari (su Licini e Di Ruscio).
Il suo sito è http://www.luanatrape.it.
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Tutto è nato da una cartellina verde ritrovata in modo piuttosto casuale ma così ricca di interesse e suggestioni per l’ideatrice di questo prezioso volumetto incentrato su Luigi Di Ruscio. Del resto l’attenzione nei confronti dell’opera di questo autore non si è certo ridotta dopo la sua morte, avvenuta nel 2011, anzi: nuove iniziative editoriali hanno riportato in primo piano i suoi romanzi, editi da Feltrinelli, e, di recente, la sua poesia attraverso la raccolta delle Poesie scelte a cura di Massimo Gezzi per Marcos Y Marcos.
Diario di un ritrovamento è un’opera trasversale che parte dal recupero di alcune poesie a Fermo, città di nascita del poeta, ma si articola nella rievocazione del clima culturale su quel territorio estremamente ricco di incontri e stimoli dai quali prendono spunto i primi versi di Di Ruscio e le prime raccolte, Non possiamo abituarci a morire del 1953 e Le streghe s’arrotano le dentiere, del 1966. Ritroviamo il poeta a Fermo anche in tempi più recenti, nel 2005, ripercorrere i luoghi che lo hanno visto ragazzo. Una parte significativa è in forma di dialogo con l’autrice, tra confidenze, ricostruzioni storiche e indagine letteraria. In questa parte si affianca alla parola il contributo di fotografie significative e preziose e di un video girato nell’occasione. Tutto avviene grazie all’acume e all’esperienza di Luana Trapè, di Fermo, amica e corrispondente del poeta, narratrice e studiosa, impegnata nell’attività critica e letteraria e particolarmente sensibile al rapporto tra parola e immagine.
L’inizio degli eventi risale al 1991 quando un giovane universitario si reca nella casa fermana del professor Luigi Crocenzi, morto sette anni prima, intenzionato a ricercare nel suo archivio il materiale per scrivere la tesi. Quasi 15 anni dopo, in occasione di una cena, di quel materiale affiora la cartelletta verde con poesie, senza titolo e anonime, che alla Trapè risuonano famigliari e tipiche del periodo giovanile di Di Ruscio per lo stile, le figure, la tematica, l’ambiente, la lingua. Tre di queste appartengono a Le streghe s’arrotano le dentiere, mentre altre sei risultano non ancora pubblicate in volume. La storia di quelle poesie, la loro origine, si intreccia alla cultura della provincia marchigiana, così ricca di personaggi significativi: da Osvaldo Licini a Franco Matacotta, dal già citato professor Crocenzi al poeta e critico Alvaro Valentini, rievocati insieme a tante attività, incontri e riviste culturali, da Di Ruscio stesso con Luana Trapè durante quel soggiorno a Fermo del 2005. Il poeta, dopo i dubbi iniziali e dopo un controllo effettuato al suo ritorno a Oslo, riconosce i testi come propri. Alcune delle poesie erano state pubblicate in rivista su “Realismo lirico” e “Il contemporaneo”, ma altre erano restate finora assolutamente inedite. Alcune suggestioni partono probabilmente dalla camera del giovane Di Ruscio come appare poi in Le streghe s’arrotano le dentiere: “questa macchia d’acqua sul muro della mia camera/ che è figura solo per me di stupende battaglie d’angeli”. Nell’inedito si riferiscono piuttosto a un’atmosfera di lutto nella stanza in cui avviene la veglia di un morto: “L’orologio gli fa compagnia/ morto il marito/ e il gatto ai piedi del letto/ il gatto che lui teneva nei ginocchi/ con cui faceva lunghi monologhi/ [...]”. Si conferma poi l’elemento del magico, della superstizione, ricorrente nel poeta. Un altro inedito invece mette in evidenza l’interesse verso il mondo del lavoro che caratterizzerà anche in seguito la poesia di Di Ruscio 
“Lavoriamo insieme a due donne/ addette ai mattoni che ridono sempre/ alle parole dei sottintesi sporchi/ ho cominciato a fare l’amore con quella bionda/ che sposerò quando potrò stare sui muri./ Ma sempre non vi è neppure da portare la calce/ e il nostro è un mestiere d’inferno/ il freddo e il caldo è tutto per noi./ [...]”.
Dai preziosi reperti emergono altri elementi caratteristici di Di Ruscio: la polifonia, la percussività dei versi, le onomatopee, le invenzioni lessicali e l’uso del dialetto, tutto quanto contribuisce a una poesia di estrema originalità che supera le classificazioni originarie legate all’ambiente del neorealismo. Lo stesso autore ricorda quel periodo in Enunciati: “Negli anni Cinquanta così confusi e recessivi/ catturato dall’impegno populistico e naturalistico”.
L’ultima parte di Diario di un ritrovamento si sposta in un luogo circoscritto ma significativo con la “Discesa al vicolo Borgia”, dove il poeta ha vissuto l’infanzia e la giovinezza, nel quartiere di Santa Caterina: una discesa nel tempo e nello spazio, compiuta con Luana Trapé, testimoniata dalle fotografie che appaiono nel volumetto e compiuta anche per realizzare un video che si può ritenere parte integrante ed estensione del libro e che si può reperire su YouTube. In Vicolo Borgia - Discesa verso le origini lo stesso Di Ruscio segue un percorso all’interno dei luoghi della sua formazione sociale, estetica e sentimentale. La memoria però non diventa per lui un passato perduto e il percorso è compiuto senza atteggiamenti nostalgici, tutto è vissuto come possibile nuovo inizio. Così anche per l’immagine del mandorlo che il poeta vedeva fiorire tutte le primavere, in una poesia da Enunciati, un’immagine ricorrente dal Vicolo Borgia coltivata e rivissuta nel tempo: “Quando nel paesaggio ancora invernale morso dal gelo/ improvvisamente esplode la fioritura del mandorlo/ la precocità e l’estrema debolezza del tuo splendore/ la minaccia è sopra di te i primi sono in pericolo estremo/ la fioritura del mandorlo brilla nostro debolissimo vessillo/ tu vessillo di morte precoce e di tutti gli inizi/ poca materia viva circondata di morte/ i nostri debolissimi segni della speranza pronti a finire/ i primi di un nuovo mondo splendidamente vivi/ con la gola serrata dalla morte.”
La rielaborazione dei diversi spunti del libro di Luana Trapè offre “divagazioni” tra memoria, ricostruzione storica, storico-critica e materiale visivo. E con diverse modalità: dal racconto al dialogo, dallo scambio di mail alla testimonianza personale, attraverso sia parole che immagini. Così la cartelletta ritrovata con le poesie di Di Ruscio può compiere un viaggio nel tempo fino a noi, schiuderci il mondo degli esordi del poeta e presentarsi a noi in altra forma, ma con la intatta suggestione dei luoghi – e dei versi. Il video viene aperto da una significativa citazione del poeta, tratta da Cristi polverizzati, che a partire dal Vicolo Borgia si estende al mondo: “Ho scritto solo poesie per un vicolo, poi metterò in croce tutto un paese, poi il mondo metropolitano intero, e via sino alla consumazione finale del tutto.”
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Luigi Cannillo
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Da Diario di un ritrovamento - Divagazioni su alcune poesie inedite di Luigi Di Ruscio e il Vicolo Borgia
di Luana Trapè.
Una delle poesie inedite e ritrovate di Luigi Di Ruscio.
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Non è la luna
a guardare è la gente
la luna si gira per essere guardata
si gira per voltarci la luce
é una ballerina che dalla luce non vede
quello che va nell'ombra
e la luna è debole
anche se dai fumi si arrossa
la luna è pallida
la luna è come la morte
povera cosa
e vorrei salvarla da questa nullità
che come la morte
imbianca solo la faccia.