Su e da "ESERCIZIO ALL'ESISTENZA" di Giuseppe Vetromile. Recensione di Mauro Barbetti

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Giuseppe Vetromile è nato a Napoli nel 1949. Svolge la sua attività letteraria a Sant'Anastasia (NA), città in cui risiede dal 1980. Ha ricevuto riconoscimenti sia per la poesia che per la narrativa in importanti concorsi letterari nazionali. Numerosissimi sono stati i primi premi.
Ha pubblicato più di venti di libri di poesie, gli ultimi dei quali sono Cantico del possibile approdo (Scuderi, 2005), Inventari apocrifi (Bastogi, 2009), Ritratti in lavorazione (Edizioni del Calatino, 2011), Percorsi alternativi (Marcus Edizioni, 2013), Congiunzioni e rimarginature (Scuderi, 2015), Il lato basso del quadrato (La Vita Felice, 2017), Proprietà dell'attesa (RPlibri, 2020), Esercizio all’esistenza (Puntoacapo, 2022), ed il libro di narrativa Il signor Attilio Cìndramo e altri perdenti (Kairos, 2010).
Ha ideato e gestisce il sito “Transiti Poetici”, sul quale pubblica recensioni e note di lettura di libri di poesia e di narrativa.
Ha curato diverse antologie, tra le quali, recentemente, Percezioni dell'invisibile, L'Arca Felice Edizioni di Mario Fresa, Salerno, 2013; Ifigenia siamo noi (2015) e Mare nostro quotidiano (2018) per la Scuderi Editrice di Avellino. Attualmente sta curando l’Antologia Poetica Virtuale Transiti Poetici in più volumi (ogni volume comprende dieci Autori; al momento è giunto al 35° Volume). È il fondatore del Circolo Letterario Anastasiano, con il quale organizza incontri ed eventi letterari. È l’ideatore e il coordinatore del Premio Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia" (giunto alla 19^ Edizione). Fa parte di giurie in importanti concorsi letterari nazionali. Cura e conduce, anche con la collaborazione di altri operatori culturali, rassegne e incontri letterari di rilievo presso librerie, biblioteche e altre sedi. È presente in rete con diversi blog letterari (“Circolo Letterario Anastasiano”, “Transiti Poetici”, “Taccuino Anastasiano”, “Selezione di Concorsi Letterari”).

 

 

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Spesso mi capita di ragionare con poeti amici sul fatto che, fuori da tendenze, scuole o aree di appartenenza, ognuno ha forse una sorta di impronta poetica dalla quale non è facile uscire. Spesso, a questo dato, segue la constatazione che i migliori prodotti individuali sono solitamente quelli che tengono conto di questa impronta e la volgono (se è vero che la poesia è un prodotto al contempo sia estetico che intellettuale) al servizio dello scopo che ognuno si dà nello scrivere. E qui si potrebbero anche innestare considerazioni sull’autenticità del dire, dell’essere coerenti con se stessi e con la visione della letteratura (e del mondo) che si è scelta. La prima cosa che mi sento di dire sull’ultimo libro di Giuseppe Vetromile, Esercizio all’esistenza, da poco edito per i tipi di puntoacapo, è che si nota questa autenticità rispetto al proprio mondo. Il suo autore, del resto, ha una lunga militanza poetica secondo varie diramazioni (vedi nota biografica) che testimoniano la bontà del suo percorso. Il nostro sceglie qui un registro in apparenza più prosastico di altri suoi lavori, fuori da costrizioni rimiche e/o metriche, in cui si muove con l'agio di un consumato attore e sceglie un ragionare piano e intimo che “flirta” con il lettore al quale offre la propria dimensione umana, senza fronzoli o artifici letterari (uno dei pochi vezzi che il poeta si concede è l’uso dei due punti a inizio verso o qualche parentesi e trattino, ma perfettamente funzionali a introdurre un classico inciso). Vetromile non è poeta da scena liquida e postmoderna, ma crede ancora nella necessità di confrontarsi frontalmente con le domande fondamentali del nostro essere umani: chi siamo, qual è il nostro senso, quale il nostro destino. La risposta è una risposta sempre sfuggevole, parziale, condizionata. Il centro della riflessione è quello dell’esistere a fronte della vicinanza all’ultimo traguardo e tutto ciò che questo comporta in termini di disillusioni, moti effimeri ma anche di memorie accumulate, gesti quotidiani e necessari che sostanziano e nutrono questa stagione del vivere. Questo procedere ormai dimesso, quasi sottotraccia, trova il suo panorama ideale nella dimensione domestica, nel buen retiro di una stanza che dà anche il titolo alla prima sezione del libro. E la stanza permette un rapporto più personale, meno caotico con il reale e la possibilità di massima concentrazione e riflessione. Una delle necessità che Vetromile avverte in modo urgente è quella dello scrivere, del lasciare una sia pur labile testimonianza del proprio passaggio. Questa attività si configura come una vera e propria attitudine tragico-eroica, sospesa com'è tra forza vitale, possibilità di avvicinare un'inarrivabile verità e constatazione della contingenza umana legata all'esserci in un qui ed ora precario con il rischio della scomparsa nel tempo, scrittura che pare configurarsi come una sorta di “illusione”, quindi, intesa quasi foscolianamente. Altro capo a cui aggrapparsi è quello dell'amore, anche questo non sufficiente in sé a salvare dall'annullamento, ma conforto e compagnia in questo procedere, quasi amuleto montaliano. Non a caso, quindi, la raccolta si chiude con una struggente invocazione, un invito alla conservazione della memoria (e dell'affetto) che possano andare oltre l'umana esperienza.

 

“ricordati di me mia cara
quando sarò diffuso oltre il cielo
e la mia parola sarà stata
un garbo lieve
sul tuo viso”

 

                                                                                                                                              Mauro Barbetti
 
 

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Da ESERCIZIO ALL'ESISTENZA
 
 

Dalla sezione NELLA STANZA (libero di volare ma non oltre le vette dei mobili)
 
 
(effetto collaterale 1)
 

l’ascesa al cielo è costretta al tempo d’un amen
si sta tutti in fondo alla stanza
nell’angolo più lontano dal notiziario
 
la vita è così melensa – uguale – e combacia
a tutti gli orli del giornodopogiorno
 
e questa medicina insulsa che mi danno nelle vene
a sostenermi la parvenza di un sogno
o di un ricordo sfrangiato…
 
quand’ero uomo desideravo la notte
a rigenerare lo spirito d’avventura
per un domani senza ombre
 
oggi
impasticcato di blandizie
l’effetto collaterale è
l’imbiancamento delle pareti
e il reflusso delle nuvole bigie
in gola.

 

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Dalla sez. ALLORA LA MORTE? (prendiamo la morte come una cosa seria)
 

 

conservate di me qualcosa
un pugno di luce un verso
o anche quel poco d’ombra
che feci giù alla marina
mentre il sole dilagava sulla spiaggia
 
io in questo sceverare di pixel
mi confondo spesso tra una realtà e l’altra
e ormai ho perso ogni dimensione
neanche più il tempo di restare qui –
 
conservatemi le parole che ho scritto di nascosto
per non sembrare alieno a tutti
quelli che vanno diritto senza titubare
 
(io spesso con i piedi a rovescio nel cielo
immaginavo stringhe di altre umanità)
 
conservatemi quest’abbandono d’amore
in una teca svuotata di tutto l’egoismo
del cosmo
 
forse ne ritroverete idea lambiccata
mentre ancora mi chiedo
un disperato flebile perché

 

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Dalla sez. ESERCIZIO ALL'ESISTENZA
 
 

salva
non salvare
annulla
 
nessuna delle tre
e mi perdo sempre
oltre questa ragione
 
ne rido e dallo sbilanciamento
sopravviene una notte insonne
giacché il cuscino non trova pace
in nessuna di quelle soluzioni
 
per cui la vita è sempre dentro le ombre
: si sceglie a casaccio una vittima
e l’accompagna per una strada tutta sua
che tu non sai
e nessun cuore ti riporta indietro
 
nessuna mano ti slega le caviglie
e per camminare devi saltellare
cercare un appiglio
o attaccarti alle stelle
 
salva
non salvare
annulla