Su e da "FRAMMENTI DA ZONE SOGGETTE A VIDEOSORVEGLIANZA" di Mauro Barbetti. Nota di Alessio Alessandrini

 

 

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Mauro Barbetti ha pubblicato le raccolte in versi Primizie ed altro (La scuola di Pitagora 2011), Inventorio per liberandi sensi (Limina Mentis 2013), Versi laici (Arcipelago Itaca 2017) e Retro Schermo (Tempra 2020.
Nel 2020 ha vinto il Premio Pagliarani sezione inediti con la raccolta Frammenti da zone soggette a videosorveglianza, di recente pubblicato da Zona.
Ha realizzato traduzioni di poeti in lingua inglese quali John Berryman e Keith Douglas.
Suoi testi sono comparsi su “Poetarum Silva”, “larecherche.it”, “Poesia ultracontemporanea”, “Argonline” e “Versante Ripido”.

 

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Mauro Barbetti con Frammenti da zone soggette a sorveglianza offre un piccolo congegno poetico dove tutto si incastra a perfezione. L’occhio (in) discreto di un obiettivo si pone nella soglia tra il “togliere” e il “cogliere” la storia, in un orizzonte degli eventi posto tra l’addio e l’avvio; è un radar che traccia della realtà, sia essa domestica sia sociale, la “quieta desistenza”, refertando la misura senza misura di un “perimetro che è assenza”. Quello che si configura nei minimi scarti dei fotogrammi è un mondo di “ombre nell’ombra”, di inconsistenze, assenza “priva di ogni spessore”, dove la presenza umana, quando appare, è uno tra i tanti “scarti di materia... transeunti e mai trasumananti”. Ciò che la camera – mobile o fissa – registra è quasi sempre una discrepanza, come in una sorta di “devolage”, di sfocatura. Ecco allora emergere non la pienezza dell’attimo semmai la sua privazione, il suo essere in ritardo. Non a caso anche graficamente la lingua riesce a computarne il valore ricorrendo a evidenziate fratture tra radice e prefissi, o alla ripetizione ossessiva del verbo scomparire, fino al ricorso a sigle e punteggiatura in sostituzione di nomi, diradando il linguaggio che a poco a poco si assottiglia facendosi “labbiolettura”, per tendere poi alla muta aforia del silenzio. Quello che viene ritratto appare paesaggio “desolato” – dell’anima prima che geografico – non proprio post atomico o sub lunare quanto asettico scenario dove ciò che “succede” è accadimento (in) animato, frutto di legge fisico-matematica e non di impulso volontario, come se il corpo umano, scantonato l’angolo, si fosse dato alla fuga, sottratto alla sua responsabilità, risucchiato da un “estraneo straniero / buco nero”.
                                                                                                                                       

Alessio Alessandrini

 

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Da FRAMMENTI DA ZONE SOGGETTE A VIDEOSORVEGLIANZA

 

MATTUTINO

 

Tragitto casa-lavoro
non lungo – non breve
un pezzo di città in mezzo
con esperienze circolari di:
soste ai semafori
filari antropici nei viali
e folle d'alberi a passare
sguardi marginali - banali
su uomini e cose
su cose e uomini
privi di funzione o distinzione
(cromosoma X - Y
comunitario o non
senza anima o con
univoco binario
innato ereditario
organico inorganico
noumenico o fenomenico)
- verificare -
l'evento atmosferico
quello che attiene
ad afa umidità gelo
- controllare - il tempo
quello che viene e passa
quando più quando meno
ai polsi alla radio
su display posti lungo la via
e l'ansia divenuta anatomia
l'ansia – e cosa c'è dopo e dopo il dopo
il niente che come al solito accade
finché non accade anche qualcosa
- non accorgersi o accorgersi appena -
di come cambia la vita
di come cambiamo
di come cambiano
i segni che ci cambiano
- e non li cogli o li cogli appena -
così come i segni
di ciò che invece resta
uguale muto e immutato:
problema di codici
di lettura personale e collettiva
di deriva o scollamento.
Arrivare al posto di lavoro
smarcare entro le otto e zero zero.
Per fortuna oggi in tempo.

 

Dalla sezione FRAMMENTI DA ZONE SOGGETTE A VIDEOSORVEGLIANZA

 

(telecamera 6 via Gereschi)
S'apre un portone
Nessuno che ne esca
Fissare l'in-
esistenza

 

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(telecamera 7 via Corridoni)
Taciuta e tacitata la felicità
resta nella grafia
di un muro grigioperla
sul marciapiede a destra
(leggere e occultare)
Non c'è mai stata
non s'è mai vista
Ne sono testimone oculare
 

*

 

 (telecamera 21 p.zza Vittorio Emanuele)

180° di visuale:
una piazza panchine
un tratto di viale una banca
spesso anche gente che muta
l’immutare del mio sguardo
Verificare ogni passo
ogni sporgenza
tra labbro e labbro
e le variabili umane:
respiri pause
fine dei respiri
Perdurano panchine
piazze viali una banca
queste resterebbero resisterebbero
ben oltre quello che scompare

 

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(telecamera 49 via della Vecchia Tramvia)

Come su monte Palomar
resta sempre
una traccia un crepitio
una radiazione di fondo:
l'orizzonte degli eventi
è un veicolo in strada:
in bilico
tra avvio e addio

 

Dalla sezione SERIE DI FERMO-IMMAGINI

 

10.
C'è una minima deviazione angolare
che lo specchio non registra
- non ora -
riflette solo un corridoio
in prospettiva centrale
dove sfilano abiti appesi
cappelli e borse a penzoloni.
Di qui si arriva in sala
al novembre successivo
alle nature morte alle pareti
si attende che qualcuno
posi la sua schiena sul divano
e guardi oltre
verso l'arco del giardino.
Non sarai tu
 
comunque.