Su e da "NEI GIORNI PER VERSI" di Anna Maria Curci


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Come un viaggio e un almanacco poetico allo stesso tempo: la raccolta di Anna Maria Curci presenta, attraverso l’uso della forma chiusa, una sequenza a tappe regolari nella quale la scelta formale delle quartine funge come elemento di equilibrio complessivo e, allo stesso tempo, come creazione di nuclei in successione, dinamici anche al proprio interno. Nei giorni per versi si dipana in centosettantatré quartine di endecasillabi che, come afferma l’autrice stessa nella sua Nota, costituiscono il diario di circa cinque anni. All’aspetto diaristico si riferisce anche il titolo, che riflette la scrittura delle quartine come attività quotidiana. È in questo modo che il pensiero si presenta alla coscienza, scrive l’autrice. La cornice determina non solo la dimensione del quadro, ma la disciplina nell’utilizzo dello spazio a disposizione, si potrebbe dire perfino nella natura stessa dei fenomeni rappresentati. Come già avviene in altri autori contemporanei la disciplina spaziale quindi non è in Anna Maria Curci una gabbia, ma è a tutti gli effetti un percorso di sintesi poetica. Potremmo definirla una stretta del pensiero con gli strumenti della poesia.

Nelle quartine si verifica una energia estremamente concentrata, e non solo in senso formale. Sono frequenti, in questa economia dei versi, elementi di accumulazione progressiva come “vestigia ammonticchiate”, santini stipati o generi di conforto ammucchiati - spesso con chiuse di svolta, inaspettate : “Nell’angolo dei testi edificanti/ stipo santini, bolle, testimoni./ Puro spirito? Sempre piume sono/ e il boa che n’esce vuole soffocare.” E, inoltre, in questo ripostiglio da rigattiere, la struttura e la disposizione assunta dagli elementi sottolinea l’aspetto della forma, di una trama, di un tessere e cucire insieme, in particolare nella prima coppia di versi, mentre alla seconda è assegnato il compito di ruotare e chiudere verso una funzione più allusiva, talvolta più astratta: “Colme, schiudono quelle cuciture,/ spazi estesi e contorni inaspettati./ E tu vorresti credere all’eccesso/ di gratuità, alla frase dissonante.” Ma c’è anche un disfare, nel riferimento materico così come nell’allegoria: “Come per quella tela celebrata/ agucchio nella testa la pariglia./ Poi disfo, e non per proci o per ritorni./ A me viene da ridere, compagni.”

Nel percorso dei versi si incrociano dimensioni temporali differenti e apparentemente opposte. Naturalmente, testimoniando la successione di eventi e riflessioni in una dimensione diaristica, la memoria gioca un ruolo importante, così l’uso dei tempi verbali del passato, in particolare dell’imperfetto, spesso a sottolineare un’epoca altra, di giochi e sogni, talvolta fissata in una fotografia, che ha lasciato il posto ad altro: “Mai più sarebbe stato come allora”. Ma a quella della memoria si affianca, e talvolta si contrappone, un’altra dimensione: quella della spinta ideale, dello slancio progettuale, magari contraddetto dalla realtà e dalla Storia, ma altrimenti irriducibile. Persiste la fiamma alimentata dallo spirito critico disincantato che sopravvive anche agli inevitabili aggiustamenti subiti dagli ideali nel rapporto tra utopia e realtà. Così misura e visione trovano una possibilità di equilibrio: “A trentacinque anni di distanza/ sorride la memoria volontaria./ Non più appesa tra misura e visione/ accarezza il respiro che sta accanto.” Se sopra gli ideali è cresciuta l’erba questo è avvenuto in modo non definitivo, visto che la linfa del desiderio e del sogno si può rigenerare ciclicamente nonostante gli ostacoli. E la speranza che ci nutriva, l’utopia non possono essere definitivamente smarrite: “Dove dimora la legge del sogno/ s’increspa l’andatura in controtempo./ Rimbocca le coperte il desiderio/ tra sostare e vagare ancora incerto.” Nelle quartine le memorie personali, mai autoreferenziali, si intrecciano all’esperienza della storia e del vivere civile, dalla ricorrenza della Festa dei lavoratori al rapimento Moro, là dove l’impegno è una fiaccola da tramandare, e comunque sempre senza retorica, con soluzioni inaspettate proiettate nella natura e nella rappresentazione plastica ed estetica: “Cosa racconterò ai miei nipoti/ quando mi chiederanno del confino?/ Tesa fra pini palme e oleandri/ appiglio e slancio mi darà scultura.”

Come afferma Patrizia Sardisco nella sua prefazione le quartine concorrono a costruire una “gamma di infinite possibilità”. Sottolineerei che tali possibilità, oltre che nelle tematiche, si dispiegano e alternano nel tono riflessivo o ironico, enigmatico e disincantato o nelle figure retoriche, dalle allegorie agli ossimori. La tessitura delle quartine consente diverse modulazioni nelle figure di suono, dalle allitterazioni alle assonanze senza tralasciare la presenza di rime discrete. Un lessico particolarmente variato accoglie parole desuete o di origine straniera, nomi propri, linguaggio tecnico, citazioni, personaggi mitici, storici e letterari. Sprazzi lirici e onirici si alternano a estratti di discorso diretto e quotidiano. Tutto viene convogliato e organizzato nella forma quartina, nel rispetto della forma adottata e dell’etica di scrittura come attività maieutica oltre che estetica. Nella fedeltà alla lingua, noi, che, come dice l’ultimo verso dell’ultima quartina, “veniamo al mondo lacerando”. Noi che, nel vivere con consapevolezza, possiamo trovare nella poesia una preziosa alleata “In volo su mottetti e ditirambi,/, simbolo, segno, grido, invocazione,/ scava un pertugio, accedi alla speranza,/ tra cielo e terra parla al sottosuolo.”                                            

Luigi Cannillo

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Da NEI GIORNI PER VERSI di Anna Maria Curci (Arcipelago itaca 2019, prefazione di Patrizia Sardisco).

  

 

I

Come un accento a voce claudicante
balza e s’arresta il limite del giorno.
Taglieggia tra le sdrucciole e le piane
e tronca si riveste soluzione.

  

 

II

Raccogli panni e polvere a tentoni
(volteggia cencio bianco in dissolvenza).
Increspate le reti a ranghi storti,
pesca a strascico appare soluzione.

 

 

III

Non mette conto di narrare cruccio
se questo è tenue al cospetto di strazio
carta vetrata che sfalda ogni giorno
anche il sorriso imbe(ci)lle e tenace.

  

 

IV 

Hai diviso, sezionato, riposto,
glossato e modulato con l’artrosi.
Sui piedi e le misure le escrescenze
si spingono, arrendevole reclamo.

 

 

V

Al portatore d’acqua non si chiede
di narrare di sé e della sua fonte.
Sorda sete che s’avventa sul secchio
scansa polvere suole e passi stanchi.

 

 

VI

«Lassez!» soleva dire, inascoltato.
La si faccia finita col teatro
le baruffe bassotte flatulente
il bolo sbalestrato ma conforme.

  

 

VII

Alacre in automatico, pedala
il postino obiettore (ma è coscienza?)
all’ennesimo sorgere del sole.
Ardore d’ordinanza occulta resa.

  

 

VIII

Nell’interludio tra le glaciazioni
s’inorgoglisce l’uomo, si fa centro.
Pesce rosso nella boccia di vetro
è invece e a malapena se ne avvede.

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Anna Maria Curci è nata a Roma, dove vive e insegna lingua e letteratura tedesca. Suoi testi sono apparsi in riviste, in antologie e su lit-blog. Con Fabio Michieli condivide il ruolo di caporedattore del blog letterario “Poetarum Silva”; è nella redazione della rivista trimestrale “Periferie” e del sito “Ticonzero”, dove cura la rubrica letteraria aperiodica “Il cielo indiviso”. Ha pubblicato in rete traduzioni da testi di diversi autori, prevalentemente di lingua tedesca. Sue traduzioni di poesie sono apparse nei volumi: Lutz Seiler, La domenica pensavo a Dio / Sonntags dachte ich an Gott (Del Vecchio 2012), e Hilde Domin, Il coltello che ricorda (Del Vecchio 2016). Anche la sua traduzione del romanzo di Felicitas Hoppe, Johanna, è stata pubblicata dalla casa editrice Del Vecchio. Sue sono le raccolte di poesia: Inciampi e marcapiano (LietoColle 2011) e Nuove nomenclature e altre poesie (L’arcolaio 2015).

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Luigi Cannillo.

Poeta, saggista, traduttore e consulente editoriale, è nato e vive a Milano. Ha pubblicato, tra le sue raccolte di poesia più recenti, Cielo Privato (Novi Ligure - AL - Joker 2005) e Galleria del Vento (Milano, La Vita Felice 2014). È presente, come poeta, curatore o con interventi critici, in antologie e raccolte di saggi. Ha recentemente curato, con Sebastiano Aglieco e Nino Iacovella, Passione Poesia - Letture di poesia contemporanea (1990-2015) (Milano, CFR 2016). È stato redattore della collana Sguardi dell'Editore La Vita Felice e condirettore della rivista “La mosca di Milano”.Collabora alla rivista internazionale “Gradiva” (Olschki Ed, New York/Firenze).